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Ogni anno a Caspano nella quarta domenica di luglio si celebra con grande solennità e partecipazione popolare la festa della Madonna delle Grazie con la processione pomeridiana in cui si porta il simulacro della Madonna vestita.

 

 

 

La statua, sempre saldamente ancorata al suo trono, viene conservata durante l'anno in una nicchia realizzata negli scorsi anni Settanta nel vano di un'originaria finestra murata nella parete sinistra del piccolo oratorio, già dei confratelli del Santissimo Sacramento, dedicato alla Madonna Immacolata.

La nicchia è chiusa dalla vetrata secentesca che proteggeva la celebre ancona della Resurrezione di Lazzaro di Alvise De Donati (1508) nell'attigua chiesa arcipretale di San Bartolomeo, asportata quando, negli stessi anni Settanta, l'ancona venne restaurata e ricollocata nella posizione originaria sporgente dalla parete della cappella.

In precedenza la statua della Madonna, stabilmente ancorata al trono, era chiusa in un grande armadio collocato, sempre nell'oratorio dei confratelli, a fianco dell'altare. Come si è verificato anche in altre parrocchie, proprio il fatto che la statua non fosse in vista può aver indotto i parroci a non segnalarne l'esistenza in occasione delle visite pastorali, e quindi a scongiurarne la perdita.

Don Giovanni Libéra, prevosto e storiografo di Caspano, scrupoloso e attendibile per quanto riguarda le notizie locali, afferma, senza citare la fonte, che «il simulacro col trono della B. Vergine delle Grazie [...] fu comperato» nel 1711. Il dato è compatibile con quanto si può verificare su base documentale.

 

La confraternita del Santissimo Sacramento era stata fondata nel 1646 e l'oratorio in cui si riuniva, documentato a partire dal 1668, si rivelò ben presto insufficiente per l'aumentato numero degli iscritti. A partire dal 1695 fu quindi ampliato, anche col contributo dell'amministrazione della chiesa parrocchiale («per soventione di calcina, legnami, maestranza etc»), a sua volta successivamente ricambiata («la Veneranda Compagnia del Santissimo, terminato il di lei oratorio, è sempre stata con soi avanzi pronta a benefizio della chiesa padronale»). Terminate le finiture murarie e la posa del pavimento ad opera di mastro Martino Gelpio (1698), l'attenzione si spostò sugli arredi: la pala d'altare con l'Immacolata fu commissionata nel 1700 a Giacomo Parravicini detto il Gianolo, pittore nativo di Caspano ma già noto e operoso in ambito lombardo, e inserita nell'altare marmoreo realizzato l'anno successivo da mastro Bernardino Aglio di Bellano. Purtroppo il quinternetto superstite dei conti della confraternita riguardo alla statua della Madonna annota soltanto l'incasso delle offerte e le spese effettuate «il giorno dell'espositione»: se non altro, è un'implicita conferma che la statua non era abitualmente esposta. Ad ogni modo l'acquisto di una nuova statua processionale poteva ben rientrare in una politica di rinnovo di un edificio e dei suoi arredi. Non si hanno notizie specifiche riguardo alla nostra Madonna per i secoli successivi. Don Libéra riferisce che nel 1750 in pochi mesi morirono di difterite 44 bambini «ed il popolo, costernato, si raccomandò a Maria ed espose alla pubblica venerazione il simulacro di lei. La moria, dopo quelle pubbliche preghiere, cessò di tratto, onde fu fatta anche una solenne funzione di ringraziamento alla quale intervennero in processione» tre parrocchie vicine. Lo stesso avvenne nel 1817, «mentre infuriava in tutta la parrocchia la febbre "delle petecchie" che aveva colpito la stragrande maggioranza della popolazione» e aveva indotto il prevosto ad abbandonare il paese per sfuggire al contagio. Oltre all'esposizione del simulacro, in quella circostanza i Caspanesi pronunciano il «voto che se la Vergine farà cessare l'epidemia, celebreranno e faranno dovere ai loro discendenti in perpetuo di celebrare ogni anno una festa in onore della Beata Vergine, madre di Grazie». Secondo don Libéra è da questo voto che ha origine la festa tuttora solennemente celebrata la quarta domenica di luglio.

Lo stesso prete-storico ricorda che nel 1777 «la buona Sara Aly, da Trasnaus, dominio reto» aveva lasciato alla sua morte un ornamento di coralli per la statua della Madonna», mentre una scritta sull'abito della Madonna testimonia che fu donato nel 1835 dagli emigranti a Roma. E, riguardo alla donazioni, don Libéra annota, con la sensibilità poetica che spesso lo contraddistingue: «Nelle sventure, di cui questa vita terrena è sì larga dispensatrice a tutti, le divote madri e spose caspanesi donano alla Vergine anelli d'oro o lo scialle più bello».

Nella seconda metà dell'Ottocento il prevosto Giuseppe Romani compila un dettagliato Memoriale della Parrocchia di Caspano in cui illustra anche le modalità con cui si svolge nella quarta domenica di luglio la «festa solenne al culto di Maria». Come nella festa patronale di san Bartolomeo, «mattino e sera la funzione comincia nella sagrestia col sortire processionalmente all'altar maggiore»; secondo il «costume passato e presente» si invitano cinque sacerdoti che partecipano alla messa del mattino e, «alla sera circa alle ore 2 e mezzo», ai «vespri solenni in terzo»; «la predica avrà luogo alla mattina e alla sera secondo il volere del Parroco, però sempre prima della processione», a cura di uno dei preti invitati.

La processione si svolge «dopo il vespro, compiendo il medesimo giro delle terze domeniche. D'avanti alla porta della chiesa prima di entrare si canta l'antifona da uno dei preti intanto che il celebrante incensa il simulacro, poi il diacono e sottodiacono cantano i versetti e, detto l'Oremus dal celebrante, si dà la benedizione col simulacro in quattro lati dicendo il celebrante Nos cum prole pia. Alla vigilia della festa, «un tesoriere che ogni anno viene eletto dalla veneranda confraternita per fare la questua» consegna al parroco «italiane lire 35 (trentacinque) per la predica e relativa spesa di pranzo» dei sacerdoti. La «refezione o merenda al sagrestano della chiesa» è invece a carico del parroco.

A differenza del prevosto Romani, il suo successore, il già citato Giovanni Libéra, abbandona il tono burocratico e, nella sua Cronistoria del 1926, lascia una testimonianza sulla festa della Madonna dal sapore poetico: «Caspano ogni quarta domenica di Luglio è in tripudio [...] confluiscono qua, nei loro pittoreschi costumi dalle caratteristiche "balzane" rosso-porpora o nerissime, le popolazioni degli altri villaggi del Vicariato; suonano a gloria le otto campane; i prati smaltati di fiori, il musco vellutato dei castegneti; le iridate farfalle, volteggianti per l'aria, sembrano prender parte alla festa ed aggiungere una nuova nota al canto che si leva, allorché la lunga fila dei confratelli in abito rosso, portando il simulacro della B. Vergine, escono in processione, seguiti dal clero e dalle figlie di Maria, in candidissime vesti fluenti, cinte d'intorno di fascia azzurra, seguite alla lor volta da lunga fila di consorelle...».

Da allora, è rimasta l'usanza di trasportare processionalmente il simulacro dall'oratorio nella chiesa parrocchiale una settimana prima della festa di luglio, di festeggiare con la Messa solenne e la processione pomeridiana, di mantenere la statua esposta per qualche giorno e di riporla ancora processionalmente.

 

La statua non è più stata "svestita" e non è rimasta nemmeno la memoria delle "vestizioni". La confraternita come associazione non esiste più; si mantiene comunque l'uso da parte di un gruppo di parrocchiani di indossare il tradizionale abito rosso confraternale per le più solenni cerimonie annuali, in particolare per quelle riguardanti la festa della Madonna che, assieme alla festa patronale di san Bartolomeo, la quarta domenica di agosto, vede ancora Caspano "in tripudio".

 

 

 

La Vergine si presenta ritta su un basamento di nuvole da cui fuoriescono testine angeliche. I suoi piedi, intagliati con perizia e calzanti sandali dorati, aderiscono saldamente alla rotondità delle nuvole, senza alcun cenno di incedere, ma solo un leggero piegarsi del ginocchio destro, dovuto al diverso volume dei cirri. L'accurato trattamento scultoreo della base, destinata a rimanere in vista, denuncia da subito il buon livello della bottega di provenienza.

 

L'effigie è scolpita, dalla testa ai piedi, in un unico tronco di legno scavato sul retro, lasciando le due aperture prive di elementi di tamponamento.

 

 

 

Indossa una sottoveste lunga quasi fino alle caviglie, connotata solo dalla profonda punta del corpetto che mette in evidenza la rotondità dei fianchi.

 

Le braccia presentano snodi sia alle spalle che ai gomiti: i primi, con perno circolare, consentono all'arto di ruotare avanti e indietro, i secondi permettono invece all'avambraccio un ventaglio di movimenti più ampio. Il pigmento bianco della sottoveste è steso direttamente sul legno senza l'intermediazione di una gessatura presente invece sugli incarnati, che risultano pesantemente ridipinti di un bianco cadaverico esteso persino agli occhi e ravvivato solo dal colore roseo-arancio delle labbra, e delle sopracciglia. Il viso esprime una dolcezza materna e rassicurante, l'ampia fronte conduce all'attaccatura dei capelli, intagliati in modo semplificato e comunque nascosti lateralmente dalla sovrapposizione di una parrucca di capelli castani, cuciti su una tela applicata con chiodini alla testa della Madonna: si tratta presumibilmente di un ex voto, espressione della fede di qualche devota.

 

 

 

Sul retro del capo si ravvisa un profondo incavo, che si immagina in origine tamponato.

 

Il Bambino è coevo alla Vergine e la sua fisionomia torna nelle testine angeliche della base e persino negli angioletti del bel baldacchino, che si presume uscito dalla medesima bottega.

 

 

 

La Madonna indossa una camicia tanto ampia che ad evidenza non può essere stata confezionata per la statua: si tratta certamente di un dono...

 

... potrebbe invece essere stata confezionata appositamente la sottogonna in seta rossa, la cui rigidità contribuisce a dare volume al sontuoso abito, donato dagli abitanti del paese emigrati a Roma, come denuncia una iscrizione sul retro del manto, passata sino ad oggi inosservata: «BENEFATTORI DI ROMA 1835».

 

 

 

Con lo stesso tessuto è stato cucito anche l'abitino del Bambino, che sotto indossa una camiciola intima bordata di pizzo. Entrambi recano sul capo corone in lamina metallica di elegante disegno settecentesco.

 

La statua è autoportante e la base a nuvole è ben ancorata alla portantina. L'asta metallica sul retro potrebbe essere stata inserita successivamente, per sostenere e mantenere nella posizione corretta la corona del baldacchino, sottoposta durante le processioni a forti sollecitazioni. Alla fine degli anni Venti del Novecento, al tempo della visita del vescovo Pagani, il simulacro possedeva ancora numerosi gioielli, tra cui uno «splendido collier di topazi, che vengono appesi al simulacro della Beata Vergine delle Grazie e che furon stimati del valore di cinquemila lire, numerosi anelli e monili d'oro, che si appendono al detto simulacro nel dì solenne della festa». Non si sa che fine abbiano fatto: rimangono solo un pendente e degli orecchini coordinati, con pietre in pasta vitrea trasparente, forse riferibili al XIX secolo; un cuore in lamina metallica e il rosario pendente dalla mano destra. Altri monili ornano il Bambino: due orecchini, una catenina d'oro con medaglietta raffigurante la Madonna, un braccialettino e un rosario. 

Giulio Perotti