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CAPO IV.

 

Come Roncaglia e Civo riconoscessero ab immemorabili per lor parroco quello di Caspano.

Loro giuridico distacco da Ardenno.

 

Da tempo immemorabile Roncaglia e Civo dipendean dal parroco di Caspano, al quale, a memoria d'uomo, pagavan la primizia, come si ricava da un memoriale, scritto nel 1480 dal parroco Gabriele de Castello. Ora avvenne che costui, esercitando su Civo e su Roncaglia i diritti di cura spirituale, come avean fatto, senza alcuna molestia da parte di terzi, i suoi antecessori, credè opportuno dar licenza al cappellano di Civo, Sac. Giovanni da Isola, di amministrare in occasione della Pasqua del 1481 la SS. Comunione a tutti i Nobili ed ai contadini di detta frazione di Civo, e ciò con istrumento rogato dal notaio Pietro Malacrida di Biagio da Caspano in data dell'aprile 1481. Il fatto urtò maledettamente la suscettibilità del M. Rev. Sac. Andrea dei Greci, «dottor dei Decreti e Prevosto di Ardenno», il quale, sotto pretesto che in origine Civo e Roncaglia dovevano appartenere alla parrocchia di Ardenno e che la Curia Vescovile non aveva mai emanato alcun decreto di smembramento di quelle due frazioni dalla sua plebana di S. Lorenzo, pretese il pagamento della primizia dalle famiglie di Civo e di Roncaglia. Costui era anche Vicario Generale della Diocesi e perciò risiedeva a Como, avendo delegato a compiere in sua vece nella parrocchia di Ardenno gli offici parrocchiali un Padre dell' Ordine dei Predicatori, certo Francesco da Vicenza. Dopo molte e varie discrepanze, durate più anni, il parroco di Caspano e la popolazione di Civo e di Roncaglia addì 22 maggio 1489 ricorsero direttamente a Mgr. Vescovo di Como, il cardinale conte Antonio Trivulzio, pregandolo ad avocare a sè la causa, non essendo conveniente che il Rev.mo Vicario Generale la facesse da giudice in causa propria. Il Cardinale acconsentì ed istituì giudice commissario sulla revisione della controversia il M. Rev. Sac. Giovan Battista de Violata, prevosto di S. Fedele in Como. Nel frattempo il prelodato Sac. Andrea dei Greci citava alcuni capi famiglia di Civo e di Roncaglia a pagargli la primizia per l'intero ultimo decennio. I citati non solo si opposero al pagamento, ma addì 22 luglio 1489 provarono con deposizioni di testi, esaminati giuridicamente, che ab immemorabili Civo e Roncaglia dipendean dalla Chiesa di S. Bartolomeo di Caspano e che al parroco di Caspano avean sempre e regolarmente pagata la primizia (1). 

Addì 4 agosto 1489 il delegato Sac. De Violata pronunziò sentenza, che fu del seguente tenore: « La popolazione de Civo et de Roncaglia non è tenuta in nessun modo et per niuna raggione a pagare la primizia al M. Rev. Prevosto di Ardenno, ne, tanto meno, alla di lui Chiesa plebana di S. Lorenzo nè per il passato, nè per l’avvertire, essendo detta popolazione a memoria d'huomo separata et del tutto segregata da detta plebana de Ardeno et soggetta al Curato di Caspano. Et per por fine a qualunque lite che potesse ancor sorgere in proposito, l'infrascritto sac. De Violata, Giudice Commissario, delegato dal Vescovo sulla revisione della causa « quatenus expediat » segrega et toglie et dismembra ancora una volta la popolazione di Civo et di Roncaglia dalla prepositurale di S. Lorenzo, levando a questa et al prevosto di Ardenno sopra i suddetti paesi di Civo et di Roncaglia ogni raggione et pertinenzia, ecc. ecc.

Ma con questa dichiarazione, riserva et patto che se mai fosse occorso che li detti huomini di Civo et di Roncaglia havessero voluto eleggere qualche prete alla Chiesa di S. Andrea et di S. Giacomo, fossero tenuti a presentarla al detto Sig. Prevosto et da lui dimandare la confermazione dell'lezione. — Item, che nel giorno festivo di S. Lorenzo fossero obbligati detti preti di Civo et di Roncaglia di andare ad Ardenno et ivi coadiuvare a detto Sig. Prevosto nelli uffici et messa cantata et vespri et di portare in detto giorno di S. Lorenzo un Celostro di onze 12 per cadauna di dette Chiese di S. Andrea et di S. Giacomo, ecc. », come più diffusamente apparì in detto istrumento di sentenza definitiva, promulgata dal palazzo vescovile lo stesso giorno e rogata dal sig. Clemente Cortisella fu Giacomo, da Como.

Il prevosto di Ardenno tentò far valere ancora sue ragioni, cavillando sull'espressione «Quatenus expediat», ma furono vani tentativi. 

Il curato di Caspano Gabriele Castelli venne allora riconosciuto come parroco da tutto il comune di Civo, che allora comprendeva anche l' attuale comune di Val Masino, onde la sua giurisdizione si estendeva dal Ponte di Ganda ai Bagni del Masino, dove, nella stagione estiva, mandava a celebrar la messa alcuno dei cappellani suoi dipendenti. Si consideravano pure della parrocchia di Caspano, benché situate nel comune di Campovico, le frazioni dei Torchi Bianchi, di Desco, di Paniga e di Porcido.

 

La morte del parroco Gabriele de Castello

 

Quest'ottimo curato di Caspano mori nel 1497, lasciando erede di sua sostanza, con obbligo di vari legati verso la Chiesa di S. Bartolomeo, il maestro, o, come si dicea allora, il «rettore delle scuole» e notaio Martino De Castello, suo fratello; il quale fu al benefattore defunto ingrato, e fu traditore della Chiesa di Caspano, della quale benchè fosse procuratore o sindaco, mosso da odio diabolico, cercò rovinare il patrimonio. Ma il popolo, trovata una certa analogia tra la colpa dei due disonesti vecchioni, giudici in Israele, che tentaron sedurre Susanna, e la colpa di questo sindaco della Chiesa di S. Bartolomeo, che tradiva il mandato, gli rinfacciava la fellonia sacrilega, chiamandolo, non più Martino, ma «Vegio di Susanna».

 

Origine delle frazioni di Porcido, di Desco, di Paniga e del Torchi Bianchi.

 

La terra di Cadelpicco, frazione di Caspano, essendo situata in alta montagna, non dava ai suoi lavoratori, che crescevano in soverchio numero, il vitto sufficiente, onde essi cercarono qua e là altre terre da coltivare. Alcuni di loro presero a lavorare terreni, tolti in affitto da diversi padroni, nella montagna detta il Colmo di Dazio, che è divisa fra i due comuni di Dazio e di Campovico, e tornavano la sera, dopo l'esercizio manuale, alle solite vecchie abitazioni di Cadelpicco. Ma poichè si avvidero, che era troppo incomodo far sì lungo viaggio tutti i giorni, fabbricarono qualche tugurio, dove potessero riporre gli strumenti del lavoro, ed insieme ricoverarsi qualche volta la notte. E trovando, che si apriva loro un bel campo di ampliarsi e di faticare con discreto vantaggio, giacchè su quelle erte scogliere si potean piantare fertili vigneti, eressero, col volgere degli anni, diverse case, coperte prima di paglia e più tardi di «scandole» in diverse località di detta montagna e perfino alle falde, presso l'Adda, e vi portaron le loro masserizie, prendendo a soggiornarvi, con intermittenze, varie settimane, e tornando sempre per la festa a Cadelpicco. Nacquero così Porcido, Desco e Paniga. Tanto in Porcido che in Desco ben presto fu eretto un Oratorio e, solo più tardi, un Oratorio fa pure eretto in Paniga. Quello di Desco nel 1531 fu fatto dipingere a spese di certo Giovanni Crosetto di Cadelpicco. 

Un nobil signore, Fabrizio di nome, possedendo bella estensione di terreno, coltivato a viti, nella amena località detta « I Torchi Bianchi », solea farla coltivare da coloni, che chiamava, ogni volta era d' uopo prestar cura alle viti, da Cadelsasso, e da buon cristiano qual' era, fece erigere in quelle sue vigne per loro comodità un Oratorio che dedicò a S. Abbondio. Col tempo, i suddetti coloni divennero proprietari sì delle vigne, che dell'Oratorio di S. Abbondio. 

A Desco e a Paniga i coloni finiron per piantare stabile dimora. Nel 1400 vi avevano beni 17 famiglie, delle quali nessuna ancora vi teneva il domicilio; ma nel 1470 sei di esse già vi dimoravan la maggior parte dell'anno, pure avendo ancora dei beni lassù. Desco ebbe presto anche un proprio sacerdote, che risiedeva in luogo, e che si considerò sempre alle dipendenze del parroco di Caspano, fino a questi ultimi anni, cioè fino all'erezione della nuova parrocchia di Desco. 

A Porcido e ai Torchi, dove nei secoli scorsi nessuna famiglia dimorava più di tre mesi all'anno, solevano le frazioni di Cadelpicco e di Cadelsasso, condur seco i loro cappellani, che in quei tre mesi di soggiorno del popolo, celebravano nell'Oratorio di S. Abbondio.

 

Origine della Parrocchia di Campovico

 

Campovico prima del 1470 non ebbe alcun sacerdote proprio, che vi esercitasse la cura spirituale; riconosceva per proprio parroco il prevosto di Ardenno, dal quale, o dai dipendenti del quale, riceveva i sacramenti. La lontananza da Ardenno, la difficoltà di strade e i lupi, che scorazzavano nel piano della Valle, furono cagione per cui nel 1470 il M. Rev. Prevosto di Ardenno concedesse a Campovico la facoltà di eleggersi un proprio sacerdote, che vi esercitasse la cura delle anime. Ciò venne eseguilo con privato concordato fra il popolo e il prevosto di Ardenno da una parte, e i deputati di Campovico dall'altra parte (senza l'approvazione dell'Ordinario), come da strumento pubblico rogato da Antonio Carugo, addì 14 marzo 1470, dalla quale epoca la popolazione di Campovico elesse sempre il proprio sacerdote pacificamente. 

Nel 1483 il parroco di Caspano, sac. Gabriele de Castello, investì il sac. Bastiani, che allora reggea la cura di Campovico, della cura spirituale di Desco, di Paniga, dei Torchi e di Porcido, e ciò per i tre anni prossimi futuri, riservandosi però la primizia da pagarsi dalle dette quattro frazioni, e un annuo canone «librarum decem botulorum (2), cestuli unius persicorum, et canystri unius uvarum, consignandarum in Caspano in festo S. Bartholomaei», come da strumento rogato da Pietro Alberti fu Domenico, da Caspano, addì 4 dicembre 1483. 

Nel 1580 fu eletto curato di Campovico il caspanese Fra Gerolamo dei Paravicini detti Facioni, nell'istrumento della cui elezione, rogato da Battista Porretto fu Vincenzo, detto Asinago, da Mello, in data del 13 novembre dell'anno stesso, si fa menzione che la Chiesa di S. Nazaro, filiale di quella di S. Maria di Campovico, era occupata ed officiata dai Luterani.

Molto più tardi avvenne che, mentre predicava nella suddetta chiesa di S. Nazaro il ministro protestante Lorenzo Soncino, un indegno cattolico lo prendesse di mira con un archibugio: il colpo falliva. 

Nel 1602 la parrocchia di Campovico venne eretta con formale separazione da Ardenno, come da strumento rogato da Luigi Sala addì 24 settembre dell'anno stesso. 

A Campovico nel 1899 fu iniziato e dopo 18 mesi compiuto dalla ditta Ganz di Budapest l'impianto elettrico di dimensioni straordinarie. La «Rivista dei due Mondi», buon giudice, in un articolo magistrale, non dubitò di affermare che era il primo del mondo. Ora è vinto in Italia e fuori da moltissimi altri.

 

Nono Parroco di Caspano: Giovan Maria Paravicino.

(Resse la parrocchia dal 1497 al 1549).

 

Fu figlio di un Benedetto e da Caspano. Il Quadrio accenna ad un istrumento di collazione di un beneficio canonicale di Ardenno a Giovan Maria Paravicino da Caspano, rogato da Francesco Paravicino, notaio, pure da Caspano addì 11 luglio 1497. Io non so se questo Giovan Maria, caspanese, canonico di Ardenno, sia quel medesimo che, come risulta da documenti qui esistenti, addì 29 luglio dello stesso 1497 fu eletto parroco di Caspano. Sicuramente però mi consta da vari istrumenti, che questo parroco di Caspano fu anche Prevosto di Ardenno e che tenne tutti e due i benefici parrocchiali, risiedendo sempre a Caspano, per lunghi anni (forse fino alla morte). La popolazione di Civo e di Roncaglia, benchè a memoria d'uomo riconoscesse per proprio parroco quello di Caspano, tuttavia non aveva mai per il passato preso parte ai comizi per la nomina di lui. Concorse la prima volta alla elezione di questo curato, alla quale pure presenziò, in qualità di sindaco (o procuratore) a ciò deputato dagli uomini di Caspano e di Civo, il tanto celebre Castellino Beccaria tu Antonio, militare di professione, come già suo padre. 

L’erezione del Beneficio dei Nobili o della B. Vergine. — Addì 25 dicembre 1498 fu fatto l'istrumento di fondazione e di erezione della cappellania dei Nobili, rogata dal notaio Battista Malacrida fu Pietro da Caspano e confermata dalla veneranda Curia Vescovile coll'assegnazione del giuspatronato del detto beneficio ai Nobili, come da strumento rogato da un sig. Paolo Orchi, cancelliere vescovile al 7 aprile 1498. Fu pure eletto il cappellano dei Nobili lo stesso anno nella persona del caspanese sac. Galeazzo Paravicini fu Giovanni. 

Il primo orologio sulla torre di Caspano. — Nel 1500 fu posto 1'orologio sul campanile di S. Bartolomeo; può darsi che sia il secondo in Valtellina, giacchè il primo è quello di Bormio, della fine del 1498.

 

L'invasione dei Francesi

 

Nel 1499 una spaventevole sciagura piombò sulla Valtellina, come pure sul Milanese e sul Comasco: l'invasione dei francesi, il più bestiale esercito europeo, che recò, dovunque passò, per il lungo periodo di 12 anni, un cumulo di tristissime e melanconiche rovine. Nel 1508 un picchetto di quegli scostumati soldati, attraversando Morbegno, si fermò, rapinando vettovaglie; ma il peggio fu che trascinò via due fanciulle del paese, alle grida disperate delle quali il popolo si levò a tumulto, ferendo ed uccidendo alcuni soldati. Gruerio, lor comandante, che stava acquartierato a Como, con marcia rapida e precipitosa venne alla vendetta e piombò su Morbegno, diede fuoco a molte case e portò via molto bestiame.

 

Prime controversie fra Caspano e Roncaglia

 

Era nata una vertenza tra il parroco di Caspano e il cappellano di Roncaglia, suo dipendente. Ma quegli, persona assai virtuosa e di gran prudenza, volendo evitare gli scandali e le manovre degli eretici, che avean tutto l'interesse a fomentare le discordie fra il clero cattolico, chiamò a sé il confratello, e così, presso a poco, gli parlò: «I nemici di Dio e nostri si apparecchiano a raddoppiar gli attacchi contro di noi, e noi ci combatteremo a vicenda? Non è invece gravissimo dovere per noi stare uniti a difesa della Fede e a difesa nostra? Non ci sia nessuna lotta fra noi; le questioni pendenti, se credi, le rimettiamo di comune accordo ad àrbitri di coscienza, promettendo di stare tutti e due a quella decisione, che essi prenderanno». Il cappellano acconsenti; onde addì 16 febbraio 1506 Con strumento rogato da Pietro Malacrida fu Biagio da Caspano si stabilì, che si sarebbe accettata la soluzione, che della controversia avrebbero dato, scelti di accordo, i due arbitri: sac. Andrea Paravicini, curato di Dubino e «l'illustrissimo soldato» Nicolò Beccaria, da Sondrio, celebre letterato, poeta e padre di quel Camillo Beccaria, che si fece tanto onore, combattendo per terra e per mare al servizio dei due re di Francia, Francesco ed Enrico. 

La controversia era sorta dal rifiuto del cappellano di intervenire alle solennità che si celebravano a Caspano e dalla sua pretesa di pubblicare nella chiesa filiale di S. Giacomo lettere di scomuniche, di impartirvi la Benedizione col Venerabile, di tenervi officiature funebri ed altre funzioni, che eran di stretto diritto del parroco. I due arbitri diedero piena ragione al curato di Caspano e stabilirono che il sacerdote in cura d'anime di Roncaglia fosse tenuto ad intervenire alle funzioni sacre a Caspano tutte le seguenti feste: «...La festa del S. Natale, con le sue feste solenni et subsequenti; item della Circoncisione, della Pasqua et feste subsequenti; dell'Ascensione, Pentecoste, Corpus Domini, S. Bartolomeo, Consacrazione della Chiesa, Salutazione et Absontione della Madonna et delle Litanie Maggiori di S. Giorgio et di S. Marco. Item stabilirono che gli huomini di Roncaglia potessero eliggere li suoi cappellani, senza veruna licenza del curato», ed altre riserve per l'una e per l'altra parte, come più ampiamente si contiene in detto strumento. 

In esecuzione del quale seguì addì 10 luglio 1507 un altro strumento di sentenza definitiva, rogato da Paolo Orchi, cancelliere di Curia e proferta dal Vicario Generale, del seguente tenore: «… Che li huomini delli luoghi di Roncaglia et li loro preti, in detti luoghi per qualsivoglia tempo celebranti, nell'avvenire non havessero ardire per niun modo ingerirsi nelli funerali, né nelle esequie di funerali, senza espressa licentia et consenso del Rev. Prete Giovan Maria et dei suoi successori, sotto pena di scomunica; ma solo che potessero detti huomini a presso detto prete Giovan Maria dimandare alle dette esequie et funerali i detti cappellani. Con questo di più che li detti cappellani furono tenuti et obbligati d'andare alla patronale di S. Bartolomeo di Caspano nei dì festivi, già descritti nell' istrumento di Convenzioni et a coadjuvare, conforme al tenore di detto strumento, alli divini uffici ecc. Et che in caso di mancanza (escluso per legittimo impedimento) fossero incorsi nella pena di 16 soldi imperiali in qualsivoglia volta et fosse pagata detta pena al prefato sig. Prete Giovan Maria et alli suoi successori dagli huomini di detti luoghi sul salario dei lor cappellani, ecc.». 

La consacrazione della chiesa vecchia di Roncaglia.  

Nel 1506 addì 14 agosto fu fatta la dedicazione e la consacrazione della Chiesa antica di Roncaglia e dell'altare dei santi Giacomo e Giovan Battista, come da strumento rogato nello stesso dì, mese ed anno del notaio Bernardino de Rippa.

 

Splendidi capolavori d'arte sacra nella Chiesa di S. Bartolomeo.

 

Sotto il governo del curato Giovan Maria la popolazione di Caspano fece fare l'ancona di squisito lavoro d'intaglio, che ancora si conserva in buono stato all'altare dedicato a S. Maria Maddalena e che rappresenta la risurrezione di Lazzaro.

Vi si leggono le parole:

HOP' ALOISII DE DONATIS

MEDIOLANEN

1508 AUGUST.

 

Nell'abside corrono da un lato all'altro N. 15 stalli di noce, cui sormontano nel centro le tavole finemente intagliate di un trittico, pure di quest'epoca, ornato di episodi del martirio di S. Bartolomeo e scritturali e fiancheggiato dai santi Sebastiano, Rocco, Martino e Giorgio, i piedi del quale posano su un bellissimo dragone. Tutti i dettagli sono concepiti e condotti con piacevole espressione di grazia. Il movimento delle figure, la varietà delle scene e del sentimento, unita alla nobiltà della concezione e delle forme, fanno di questo trittico uno degli oggetti d'arte più belli di questa insigne collegiata.

 

Altri preziosi e rari cimeli artistici di quest'epoca o forse di data anteriore, sono:

1. Una pianeta di velluto verde, che incomincia a guastarsi;

2. Una tela rappresentante la decapitazione del Precursore, ed il ballo di Salomè, figlia di Erode; risente molto dello stile bizantino: se ne ignora l'autore;

3. Un piviale di velluto rosso a fiorami contro tagliati, con stolone di velluto verde a disegni cesellati e con cappuccio fregiato di bella figura e di un cigno;

4. Due tunicelle di velluto rosso idem, con paramani e con quadri di seta verde;

5. Una continenza di broccato a fiorami d'oro su fondo argento.

Questi ultimi quattro capi (piviale, tunicelle, e continenza) furono addì 22 marzo 1917 per ordine del Ministero della Pubblica Istruzione portati via, onde fossero conservati a cura dello Stato, imperversando la guerra. Vennero riconsegnati addì 20 agosto 1920, e servirono per il solenne ingresso, avvenuto il 24 dello stesso mese, del Sac. Dottor Giovanni Libera, come parroco novello di Caspano.

 

Il generale Badino Paravicini, da Caspano, prende Chiavenna.

 

Nell' agosto del 1499 Lodovico Moro, duca di Milano, visto arrivare i forti eserciti francesi contro chi se fin sotto Pavia, era fuggito sbigottito in Germania a raccoglier truppe onde far fronte ai nemici. E avendone racimolate alcune, mise loro a capo il caspanese Generale di ventura Badino o Bernardino Paravicini, la cui bronzea corazza doveva risonare nei più aspri fatti di quell'età.  Il quale, prestamente calato nel fitto della notte su Chiavenna, minacciò saccheggi ed incendi se non fosse subito aperta l'entrata a quei sei mila tedeschi, che diceva condurre per ordine di Lodovico Moro in Italia. Veramente non aveva con sé che pochi soldati, ma per farsi credere forte di truppe, come affermava, fece levare grida altissime, onde i chiavennaschi, disperando di poter opporre resistenza sufficiente col piccolo presidio che avevano, accolsero il Badino. Chiarita poi la frode, vennero in gran paura, che i francesi volessero ricuperar subito il paese e far di loro aspra vendetta. Ma dopo otto giorni arrivarono al Badino, altri soccorsi, con cui egli si recò a Musso dove si congiunse colle milizie del Cardinal Ascanio, fratello di Lodovico il Moro. Più tardi scese anche il duca Lodovico, che a Novara cadde in mano ai francesi, i quali lo trasportarono in Francia dove, dopo 10 anni di stenti, morì in prigione.

 

Caspano vien devastato e quasi distrutto dai Grigioni.

 

Nei tre giorni 22, 23, 24 giugno 1512 i Grigioni entrarono in Valtellina, e tanto erano disposti i valligiani, stanchi della tirannia francese, a riceverli, stranamente persuasi, che costoro avrebbero portato fortuna, che in quei tre giorni tutti si arresero al grido: Evviva i Grigioni! 

I nuovi padroni, cercarono subito di spogliare in mille modi «i cari alleati valtellinesi». Era legge presso di loro che chi mormorasse contro le Eccelse Tre Leghe, venisse multato di 250 scudi d'oro; di tal legge si servivano, come di mezzo spiccio, per far denaro, calunniando i più ricchi valtellinesi d'aver parlato male delle Tre Leghe e multandoli. Avvenne anche che sul lungo tratto di splendidi vigneti da Porcido a Traona, dove avevano (come ancora) i loro «Crotti» o cantine questi parrocchiani, i Grigioni rubassero circa 1500 some di vino generoso, che quell' anno valeva uno scudo alla soma.. Per queste rapine, si fremeva in segreto contro degli avidi dominatori. 

Nel 1513 scoppiò anche terribil pestilenza, che desolò specie Morbegno, dove, come scrive il Muralto, perirono pel feral morbo circa 500 persone. Ma non per questo pensavano i Bernesi ad abbandonar la Valtellina, né a cessare le rapine. 

Intanto Francesco primo, re di Francia, sceso con grosso esercito in Italia, riportò vittoria a Legnano e spedì lettere alle Tre Pievi, per indurle a liberarsi dai Grigioni e ad accogliere i Francesi, le quali infatti accolsero l'invito e scossero il giogo degli Svizzeri. Sperava di conquistare a questo modo anche la Valtellina, onde spedì, come ad altri centri, così anche a Caspano lettere incitanti alla rivolta. I Caspanesi, assicuratisi prima della vittoria francese a Melegnano, senza riflettere di più, si levarono a tumulto contro gli inumani Svizzeri Grigionesi e ne strapparono dagli edifizi pubblici del paese gli stemmi e le insegne (3) Il resto della Valle, ad eccezione di Traona, che erasi accordata con Caspano, conoscendo troppo deboli i Francesi a continuare l'impresa, a cui eccitavano, memore anche delle infamie da loro commesse nei 12 anni, che qui avevano tiranneggiato, preferì tenersi quieto. I Grigioni intanto con rapida e improvvisa marcia furon sopra Traona e Caspano. Il povero curato di S. Bartolomeo dovette assistere ai mali trattamenti dei suoi parrocchiani; ne vide altri messi a morte, altri alla tortura e i più facoltosi trattenuti allo scopo di cavarne pingue riscatto. Degli edifizi più belli molti furono atterrati o bruciati. Il paese fu multato di 3000 fiorini del Reno.

Nè qui finirono le angherie. È assai doloroso constatare che Simone Quadrio da Ponte, podestà di Traona, Giovan Battista Quadrio, pure da Ponte, podestà di Morbegno, e tutti gli altri podestà, valtellinesi di patria, fossero sì ingiusti e sì crudeli esattori, che le due borgate di Traona e di Caspano, benchè uscite poc'anzi da un olocausto di ferro e fuoco per opera degli Svizzeri, fecero la proposta, accolta dalle altre Squadre della Valle, di chiedere all'Eccelse Tre Leghe, come fu chiesto, che nei distretti di Valtellina i podestà di Valtellina d'origine valtellinese fossero tutti sostituiti da podestà grigionesi.

 

L'ingrandimento della Parrocchiale di S. Bartolomeo.

Tentativo non riuscito di Civo e di Roncaglia di smembrarsi da Caspano, per non cooperare ai lavori.

 

Debbo ora parlare del vecchio tempio austero di S. Bartolomeo, ornamento e gloria di Caspano, consacrato dalle preghiere di tante anime e, attraverso tante lotte durate per secoli, confidente segreto di tanti gemiti! È una chiesa un po' scarsa di luce, ma piena di maestà, dove, più che in moltissime altre, può, come in un nido di pace, trovar requie quella, che un mistico arabo chiamò santa inquietudine di Dio! Un tratto della parte centrale può risalire al 1200 e fosse anche ad epoca anteriore. In quell'antica età si accoppiava spesso lo stile romano allo stile gotico; vediamo anche qui agli archi degli altari laterali a forma mezzo sferica corrispondere più su gli archivolti delle finestre a sesto acuto mentre il resto della volta è a botte. Dal lato verso mezzogiorno il tempio presenta un poetico portico a sei arcate, sostenute da cinque svelte colonne di granito di un pezzo solo, nel quale si trovano dieci tombe, dove dormono il sonno di morte, insieme con molti parrocchiani, molti soldati stranieri, mietuti qui dalla peste. In capo al suddetto portico si leva severa e solenne la torre delle campane; è un massiccio quadrilatero a cinque piani, serra il primo dei quali sporgono cinque enormi pietre, che sostenevano la loggia per dove un dì si svolgea, lassù a mezz'aria, la processione dei fedeli, giranti intorno alla chiesa. Delle splendide pitture dirò altrove. Questo bel tempio merita d'esser visitato da quanti vogliono provare una soave sensazione di bellezza artistica e da quanti sono sensibili al fascino della robusta fede degli avi, che pare si sprigioni da una costruzione di solidità così straordinaria, che senza alcuna chiave ha sfidato e sfiderà molti secoli e che dà immagine di una fortezza. 

Nel 1527, cioè a soli 12 anni dalla orribile devastazione dei Grigioni, dalla quale non si erano del tutto riavuti, i Caspanesi iniziarono i lavori di ampliamento di questo sacro edifizio e con tanto ardore li proseguirono, da ultimarlo in pochi anni. Bisogna pur dire che ponessero tanta fidanza nell'aiuto della Provvidenza divina, da... non mettere in pratica il consiglio del Vangelo: «Chi è mai colui, che, intendendo fabbricare, non si ponga prima a tavolino a fare un computo preventivo delle spese che saranno necessarie, onde assicurarsi se potrà condurre a termine il lavoro, affinché non si dica di sui: «Quest'uomo incominciò, ma non potè ultimare il progettato edifizio?». Incominciarono con pochi mezzi, ma, nel corso dei lavori, i mezzi affluivano. I nobili consegnavano ai sindaci della Chiesa, oltre belle somme di denaro, gioielli e stoffe preziose; ma i sacrifici maggiori eran sostenuti dal popolo, che, oltre prestar gratuitamente la mano d' opera, donava formaggi, grano, canape, miglio, farine e vesti. Nè, fra i molti notai, che viveano allora a Caspano, ve n’era alcuno, che non suggerisse ai suoi clienti in pericolo di morte qualche lascito per la fabbrica del tempio santo. Somma lode è da attribuire allo zelantissimo parroco, sac. Giovan Maria, il quale, in breve spazio di tempo, tante belle opere compì, che, attese le circostanze della Chiesa, la rovina poc'anzi subita dal paese, e la continuata tirannia dei governanti, non si credea potesse condurre a termine. 

La popolazione di Civo e di Roncaglia tentò smembrarsi da Caspano per non essere obbligata a cooperare ai lavori di ampliamento della Chiesa di S. Bartolomeo e non ricorse al tribunale competente della veneranda Curia, ma deferì, come da strumento del 23 ottobre 1527 a rogito del notaio Giovan Antonio fu Bartolomeo da Carù, da Ponte, la causa all' Ill.mo sig. Bartolomeo Stampa e agli altri Commissari generali, mandati in Valtellina dagli Ill.mi Signori Oratori delle Eccelse Tre Leghe, e venuti allora a Morbegno; i quali sentite le ragioni e prevedendo di non poter definire detta causa per i gravi ostacoli d'ambo le parti, ordinarono di sottoporla al magnifico sig. Giorgio Bili, capitano governator generale di tutta la Valle e allo spettabile sig. Martino Bonolino, vicario della Valtellina e ai sigg. Guglielmo Traverso, podestà di Traona, a Giacomo Pazella, vice podestà di Morbegno, come appare da detta ordinazione e commissione, fatta e sigillata col sigillo dei suddetti signori e sottoscritta da un Giorgio Traverso, cancelliere dei detti Commissari, dei tenore come segue, cioè: «...che sentite per detti signori Commissari et ben bilanciate le dimande et istanze a loro fatte per parte detti homini de Chivo et de Roncaglia contro il Reverendo Prete Giovan Maria Paravicino, che domandarono et pretesero essere et dover essere separati et dismembrati nel spirituale dalla cura di Caspano, alla quale sempre si chiamarono sottoposti, et sentita anca dall'altra parte la risposta et eccezioni del prefato sig. Prete Giovan Maria, quale asseriva, che vi erano strumenti nei quali dimostravasi, che nei passati tempi non volsero detti homini separarsi da detta cura di Caspano, anzi, a quella aggregarsi et stare uniti,

tandem ordinarono, che detta causa et differentia fosse considerata per detti Ill.mi Signori Capitano et Vicario, ai quali le parti contendenti si compromisero amichevolmente ecc. ecc. In virtù del quale compromesso pronuntiarono et dichiararono nell'infrascritto modo, cioè: che dette terre di là del Toate di Chivo et Roncaglia potessero eleggere nell'avvenire uno o più preti in cura delle loro anime et potessero mettere il fonte battesimale nelle Chiese di S. Andrea et di S. Giacomo, come in Chiese filiali et riconosciute dalla sua matrice: la Chiesa di Caspano, et ciò senza licenza et consenso del curato di Caspano, senza cui licenza altre volte non poteano ciò fare, ecc. ecc.

Item che dette Chiese di S. Andrea et di S. Giacomo fossero sempre per l'avvenire, come furono per il passato filiali della Chiesa patronale di S. Bartolomeo di Caspano, come più antica et più nobile, con questo patto et condizione espressa, che ogni anno, due volte all'anno, cioè nei giorni di S. Bartolomeo et della Consacrazione della Chiesa li preti di S. Andrea et di S. Giacomo fossero tenuti et obbligati d'andare a detta patronale di S. Bartolomeo et di celebrarvi la messa et di assistervi alli divini uffici et di portare et di offerire a detta matrice di S. Bartolomeo un cereo di onze 12, aggravando detto curata di Caspano a dare il pranzo a detti sacerdoti quei giorni duoi, et in caso che essi fossero stati negligenti ad intervenire (esclusi li legitimi impedimenti) fossero condannati di un fiorino per cadauno ogni volta;

Item hanno aggravato detti homini di Chivo et di Roncaglia a dare per cadaun foco a detto curato di Caspano ogni anno per primizia quartari duoi segale che sono l'ottava parte dello staro di Como;

Item che siccome li homini della cura di Caspano hanno in parte demolito la Chiesa matrice di S. Bartolomeo per edificarla meliore et maggiore, per ciò fu anco dichiarato per detti signori arbitri, che per cinque anni futuri fossero obbligati detti homini di Chivo et di Roncaglia a dare et a fare un' opera di un giorno per foco ogni et qualunque volta fossero richiesti alla fabbrica di detta matrice per il spazio di detti cinque anni, con riserva che fosse data dai sindaci di detta matrice ad ogni lavorante la sua honesta merenda et che in mancanza di detta opera il mancante fosse condannato in 16 soldi imperiali, et passati i detti cinque anni non fossero più tenuti detti homini di Chivo et di Roncaglia ad alcuna gravezza per la fabbrica di detta matrice, ecc. ecc.». Come più ampiamente si contiene in detto strumento nel quale furono anche condannate le suddette parti ad accettarne tutti i capitoli sotto pena di 100 scudi d'oro

 

 (1) — Dall'elenco delle famiglie, che pagarono la primizia al parroco di Caspano negli anni 1485-1489 (nel quale nessuno dei Nobili figura), risulta che già esistevano:

A Caspano (centro): i Ghisla, i Del Zogo, i Del Bedò, i Pizinini, i Vitali, i Rizzi, i Morelli, i Gratini, i Lentini, i Bianchini, i Della Branza, i Pedruzalli, gli Schenini, i Cominetti (da cui i Cometti), i Fornarolo, i Tassini, i Mazzini, i Custodi (da cui i Chistolini), i Masciadrelli, gli Alberti, ecc.

A Cadelpicco: i Ruggini, i Bonetti, i Bona, i Roja, i Gusmiroli, i Ciocca, i Della Dirta, i Molta, i Motta, i Vaccarola, i Del Piazzo, ecc.

A Cadelsasso: i Grazii, i Grazioli, i Rizetti, i Margnii (da cui i Margnelli), gli Schiavi (da cui gli Schíavetti), gli Agostinetti, i Cromo, ecc.

A Roncaglia Superiore: i Martinoli, i Bonola, i Bonalli, gli Zaninetti, i Bogialli, i Negrola, i Del Rege (da cui i Re), i Marchesi, i Del Principe, ecc.

A Roncaglia Inferiore: i Ronchetti, i Paganetti, i Della Spalla, í Bazeghini, i Bonesi, i Bagioni, ecc.

A Serone: i Del Capra, i Della Fontana, i Pifferi, i Borini, ecc.

A Naguarido: i Bongini, gli Schena, i Ciocchini, i Giovannini, i Camozoli, i Guarischi, i Papa (da cui i Papini), e Della Resega, ecc.

A Chempo: i Mottini, i Montini, i Tenevella, i Del Pico, i Del Tolla, i Del Toate, i Colderoli, ecc.

A Civo: i Del Molino, i Cavalieri, i Soldati, i Bianchi, i Dell'Horo, i Lardilla, i Del Trusso, i Cantoni, i Boschi, i De Guati, gli Asparini, i Panzetta, i Bertoldi, gli Zanardi, ecc.

A Cevo: i Marchesi, i Megrola. i Martinoli, i Becca, i Caroy, ecc.

A Cornolo: i De Cornolo, i Cornini, i Petrini, i De Togni ecc.

Dal 1500 al 1620 compaiono, come da vari documenti, i seguenti altri casati

A Caspano: i Borromei, i Panighetti, i Vanelli, i Rotti, i Baroli, i Della Morte, i Pedroli, i Rusca, i Vertema (oriundi da Piuro?), i Lombardini, i De Angeli, i Mauri (questi ultimi furono soprannominati “Lupi” per aver essi uccisi molti lupi, minaccianti Caspano e dintorni).

A Cadelpicco: i Paniga, i Crosetto, i Balsaretto, i Poli (da cui i Polini), i Gusmeri, ecc.

A Cadelsasso: i Mussi, i Carra, i Cracola, i Callini, i Ferola, i Pasina, i Balabene, ecc.

Molto recenti invece sono in questa frazione i Faitella ed i Gaist (questi ultimi originari dalla Baviera, il loro nome scrivevasi tedescamente Geist, e significherebbe Spirito).

 

(2) - Da ciò possiamo arguire che l'industria della seta fosse molto coltivata anche da noi.

 

(3) — Vedi Quadrio : Dissertazioni intorno alla Valtellina, vol. I, pag. 390 — Ben. Giov. p. 114 — Sprecher, lib. 10, p. 270 e seguenti — Romegialli, vol. II, p. 27.