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Cappella di
S. Antonio di Padova
Sant’Antonio di Padova è il più
universale dei santi, «il santo di tutto il mondo» secondo la
definizione di Leone XIII. Nato in Portogallo, a Lisbona, nel 1195,
studiò la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa nel prestigioso centro
culturale di Coimbra, dove fu ordinato sacerdote come canonico regolare
agostiniano. Venuto a conoscenza dell’ordine dei frati minori
(francescani) da poco fondato da san Francesco d’Assisi, ottenne di
farvi parte e di partire missionario per l’Africa settentrionale, da
dove erano state rimpatriate le salme dei primi martiri francescani. Una
malattia lo costrinse al ritorno, ma il mare grosso lo condusse in
Sicilia, da dove risalì la penisola italiana per giungere ad Assisi e
partecipare al capitolo generale dell’Ordine alla presenza di san
Francesco.
Destinato
a vita eremitica nel convento di Forlì, viste le sue straordinarie doti
oratorie fu inviato come predicatore in diverse località sia in Francia
che in Italia settentrionale, dove assunse anche la responsabilità di
superiore provinciale dell’Ordine. Apprezzato da san Francesco, definito
da Gregorio IX «arca del testamento» per la sua profonda cultura, pose
le basi della teologia francescana e sarà annoverato da Pio XII fra i
Dottori della Chiesa come «Dottore evangelico».
Morì ad
Arcella, vicino a Padova (dove si erigerà la grandiosa basilica che ne
conserva la spoglie), il 13 giugno 1231, quando non aveva ancora
compiuto i 36 anni. La fama dei suoi miracoli e della sua carità verso
gli umili fu confermata dal papa Gregorio IX, che lo proclamò santo a
meno di un anno dalla morte. Da allora fino ai nostri giorni la
devozione nel suoi confronti non è mai venuta meno: fedeli di tutto il
mondo si rivolgono a Lui soprattutto per chiedere protezione e grazie,
che vengono elargite in abbondanza, per le più disparate necessità.
Verso la
fine dell’Ottocento, quando si accentuò l’attenzione verso i problemi di
carattere sociale, sant’Antonio di Padova ispirò l’istituzione del «Pane
dei poveri», una modalità di aiuto dei bisognosi che si richiama al
miracolo della resurrezione di un bambino annegato. La madre aveva
promesso al Santo di donare ai poveri tanto grano quanto era il peso del
figlio. Da allora sant’Antonio di Padova è spesso rappresentato con
bambini a cui dona del pane. In precedenza si preferiva raffigurarlo in
atteggiamento tenero con Gesù Bambino, magari con un giglio, simbolo
della purezza, e con un libro, simbolo della sapienza.
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La
cappella dedicata a Sant’Antonio di Padova nella chiesa di Caspano,
eccetto la mensa d’altare e l’alzata per i candelieri (di fattura
recente), è rimasta molto probabilmente così com’era alla fine del
Seicento. Si comprende, quindi, come presenti alla venerazione dei
fedeli non il Santo dei poveri, ma il Santo dei miracoli. Lo
esprime chiaramente la scritta SI QUAERIS MIRACULA (Se cerchi
miracoli)che si distende fra tre angioletti sulla lunetta sopra
l’altare: è il primo verso della “sequenza” (testo ritmico liturgico)
che si prese a cantare dal 1233 nella liturgia vigiliare francescana
della festa del Santo, opera di fra Giuliano da Spira,
e che doveva essere molto popolare. Dalla
storpiatura di Si quaeris, col nome di sequeri esistevano
infatti, in diverse parti d’Italia, testi popolari fra la preghiera e il
formulario magico, utilizzati per ottenere il ritrovamento degli oggetti
perduti.
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La pala d’altare, di ignoto autore del
Seicento, raffigura il Santo in preghiera con Gesù Bambino. Ci
sono diverse spiegazioni in proposito: secondo la più diffusa, il conte
Tiso di Camposampietro avrebbe visto la Madonna stessa consegnare il
Bambino nelle braccia del frate, ammalato, poco prima della morte. Nel
nostro caso, il Bambino è accolto fra le braccia di sant’Antonio
inginocchiato davanti a un altare, tra un volo di angeli. |
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Le pareti della cappella sono state affrescate, entro pregevoli stucchi
e decorazioni a mosaico variopinti, dal pittore Giacomo Paravicini di
Caspano, detto il Gianolo, che nel 1687 ricevette dalla
Parrocchia 26 filippi in pagamento dei dipinti in questa cappella e nel
fonte battesimale. |
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Ai lati
dell’altare sono raffigurati due celebri miracoli.
A
sinistra, il Santo riattacca il piede a un giovane. Si
narra che sant’Antonio a un giovane che si confessava di aver dato un
calcio alla madre abbia detto: “sarebbe stato meglio se ti fossi
piuttosto tagliato un piede”. Il giovane prese sul serio le parole del
Santo il quale, avvertito, volle rimediare con un miracolo a una sua
forse incauta esclamazione. |
A destra è
raffigurata la scena della Predica di sant’Antonio ai pesci.
Il fatto miracoloso, narrato con suggestiva prosa anche nei Fioretti
di San Francesco (cap. XL), sarebbe avvenuto a Rimini dove la
predicazione del Santo, ignorata dagli eretici, fu invece ascoltata dai
pesci, «grandi, piccoli e mezzani, che mai in quel mare né in quel fiume
non ne fu veduta sì grande moltitudine; e tutti teneano i capi fuori
dell'acqua, e tutti stavano attenti verso la faccia di santo Antonio, e
tutti in grandissima pace e mansuetudine e ordine». «A questo miracolo –
continuano i Fioretti - cominciò a correre il popolo della città,
fra i quali vi trassono eziandio gli eretici». E il santo «sì nobilmente
ne predicò, che tutti quelli eretici convertì e fece tornare alla vera
Fede di Cristo».
La scritta sotto le due scene, da leggersi di
seguito, sottolinea ancora una volta le opere miracolose del santo:
opera quae ego facio / et ipse
faciet // et maiora faciet,
tratta dal Vangelo secondo Giovanni (14,12) che si comprende meglio con
la premessa: “Chi crede in me compirà anche lui le opere che io
faccio, anzi, ne farà delle maggiori”. |
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Dei tre medaglioni sulla volta, quello
centrale rappresenta la Gloria di sant’Antonio di Padova
affiancato, nei due medaglioni laterali, da angeli musicanti. |
Benedetto XVI e
l’attualità di sant’Antonio di Padova
«Agli
inizi del XIII secolo - ha affermato Benedetto XVI nella catechesi del
mercoledì dedicata al nostro santo - nel contesto della rinascita delle
città e del fiorire del commercio, cresceva il numero di persone
insensibili alle necessità dei poveri. Per tale motivo, Antonio più
volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore,
che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo.
“O ricchi - così egli esorta - fatevi amici… i poveri, accoglieteli
nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi negli
eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della
sicurezza, e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà”. Non è forse questo,
cari amici un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi
finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche
persone, e creano condizioni di miseria?».
SEQUENZA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA.
Si quaeris miracula,
mors, error, calamitas,
daemon, lepra fugiunt;
aegri surgunt sani.
Cedunt mare, vincula;
membra resque perditas
petunt et accipiunt
iuvenes et cani.
Pereunt pericula,
cessat et necessitas;
narrent hi qui sentiunt,
dicant paduani..
Se chiedi miracoli,
morte, errore, disgrazie,
demonio, lebbra fuggono;
i malati si alzano guariti.
Il mare e le catene cedono;
membra sane e cose perdute
chiedono e ottengono
giovani e vecchi.
Sono annientati i pericoli
cassa lo stato di necessità;
lo narri chi lo prova,
lo dicano i padovani.
Giulio Perotti |
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